Seconda ondata: un altro lockdown, un’altra ribellione

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Cosa ci dicono le rivolte nel sud dell’Europa sulla pandemia e sullo Stato

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Negli Stati Uniti, l’opposizione liberale alla candidatura di Donald Trump per la rielezione si era concentrata intorno alla sua risposta nei confronti della pandemia di COVID-19, con milioni di persone che accusavano il suo Governo di non aver fatto abbastanza per contenere la diffusione del virus. Tuttavia, in Europa, dove i Governi hanno adottato un approccio più pratico, gli sforzi per frenarlo hanno anche provocato disordini civili, poiché la stragrande maggioranza degli interventi si è concentrata sull’espansione del potere della Polizia e non sul far convergere le risorse verso chi lotta per sopravvivere al virus e alla crisi economica. Alla vigilia della presidenza Biden, dovremmo chiederci ancora se possiamo riporre la nostra fiducia in un Governo per dare priorità alla vita umana rispetto al capitalismo e come possiamo rispondere quando il Governo ricorre al pretesto di proteggere le nostre vite per intensificare il controllo sociale.

In Europa meridionale, in Serbia , lo scorso luglio, si sono verificati disordini diffusi in risposta a misure preventive irregolari e all’introduzione di un nuovo coprifuoco. Il 23 ottobre, a Napoli sono scoppiate delle rivolte in risposta a una nuova ondata di infezioni da COVID-19 e a restrizioni imposte dal Governo. Tali disordini si sono diffusi in tutta Italia e il 5 novembre ne hanno ispirati di simili in Spagna e in Slovenia.

Laddove negli Stati Uniti le manifestazioni che chiedevano la riapertura dell’economia sono state semplicemente un veicolo per estrema destra, teorici della cospirazione e negazionisti scientifici per far [avanzare il programma capitalista] (https://it.crimethinc.com/2020/04/21/per-cosa-vale-la-pena-morire-affrontare-il-ritorno-a-lavoro-come-se-niente-fosse#perche-alcune-persone-vogliono-che-il-covid-19-si-diffonda), in Europa la questione è più complicata. Come nel caso dei [Gilet Gialli] ]( https://crimethinc.com/2018/11/27/the-yellow-vest-movement-in-france-between-ecological-neoliberalism-and-apolitical-movements) in Francia, la maggior parte delle proteste svoltesi in tutta l’Europa meridionale coinvolge un mix incompatibile di apolitici poveri e arrabbiati, fascisti, gente di sinistra e anarchici - alcuni in competizione per plasmare i movimenti di protesta futuri, altri semplicemente reagendo senza strategia alcuna o senza aspirazioni a lungo termine alla violenza del virus, dell’economia e della Polizia.

Negli Stati Uniti, dove quasi 250.000 persone sono morte a causa delle politiche [orrendamente ciniche] (https://it.crimethinc.com/2020/04/21/per-cosa-vale-la-pena-morire-affrontare-il-ritorno-a-lavoro-come-se-niente-fosse) del Governo, è stato abbastanza semplice inquadrare una dicotomia tra auto-organizzazione, protesta e vita da un lato e Governo, capitalismo e morte dall’altra. In Europa, ciò è stato molto più complicato poiché i Governi centristi cercano di presentarne una diversa, affiancando rigore, obbedienza e vita a sregolatezza, protesta e morte – collegando libertà e irresponsabilità anche se rendono la vita quasi impossibile ai poveri e creano dei precedenti per legittimare nuove forme vaste invasive di controllo statale. Ciò presenta questioni spinose che potrebbero presto trovarsi a dover affrontare anche le persone negli Stati Uniti.

Nella seguente raccolta, gli anarchici dislocati nel Mediterraneo - Spagna, Italia meridionale e settentrionale, Slovenia e Grecia – parlano di come le politiche governative in risposta alla pandemia abbiano avuto un impatto sulle loro comunità e descrivono le reazioni del popolo.

5 novembre, Lubiana.

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Spagna

A causa della saturazione dell’industria turistica, la Spagna è stata uno dei primi Paesi europei in cui il COVID-19 è andato fuori controllo. La risposta dello Stato alla pandemia, iniziata a metà marzo, è stata caratterizzata da misure di controllo centralizzato e da un forte intervento statale, tra cui un rigido lockdown che ha bloccato le persone nelle loro case. Il lockdown è stato applicato rigorosamente; la Polizia ha emesso centinaia di migliaia di multe salatissime e ha eseguito migliaia di arresti. Il numero di contagi è diminuito rapidamente - ma non prima che fossero morte trentamila persone, soprattutto a causa degli alloggi sovraffollati e della scarsa qualità del sistema sanitario pubblico spagnolo, devastato da anni di austerity.

La Spagna, in quanto Paese post-fascista, è in netto contrasto con gli Stati Uniti. In America, il Governo federale è stato in gran parte inattivo; la risposta dello Stato alla pandemia è stata una sorta di intervento [necropolitico] ( https://warwick.ac.uk/fac/arts/english/currentstudents/postgraduate/masters/modules/postcol_theory/mbembe_22necropolitics22.pdf) di abbandono strutturale, che ha ucciso un gran numero di persone povere e razzializzate. In Spagna, il Governo ha visto la pandemia come un’opportunità per aumentare il potere centralizzato. Per almeno un mese, è stata uno Stato di Polizia nel senso classico del termine: non si poteva nemmeno uscire all’aperto a meno che non si fosse muniti di autocertificazione, non si stesse portando a spasso un cane vicino a casa o non si stesse facendo la spesa.

L’approccio del Governo spagnolo alla pandemia è cambiato radicalmente a maggio e giugno, dopo che il bilancio delle vittime negli Stati Uniti è salito a oltre 100.000. Le politiche statunitensi hanno abbassato l’asticella per altri Paesi, desensibilizzando il pubblico di fronte alle morti numerose e ridefinendo quella che era una risposta accettabile per la salute pubblica. In Spagna, con la sinistra al Governo e la destra che riversa la propria rabbia contro il contenimento, ci sono state poche possibilità per una conversazione convenzionale sull’assegnazione delle priorità all’assistenza sanitaria, poiché i socialisti erano stati complici delle misure di austerity e l’attuale coalizione di Governo dei socialisti e Podemos non hanno lasciato molto spazio nel loro programma per l’assistenza sanitaria.

Di conseguenza, a maggio e giugno, il Governo ha iniziato a promuovere una “riapertura” veloce, prematura e quasi totale, con una delle uniche misure preventive mantenute in vigore il requisito della mascherina. Uno dei motivi principali per far ciò era il desiderio pressante di far ripartire l’economia in tempo per i mesi di punta della stagione turistica spagnola, ormai aperta tutto l’anno. Il turismo rappresenta una delle quote più alte del PIL spagnolo (12%) rispetto a quasi tutti gli altri Paesi dell’Unione europea, quasi cinque volte quello statunitense.

In agosto, dopo che il tasso di mortalità era sceso quasi a zero, i contagi hanno ripreso a salire, aggravati in seguito dal rientro a scuola. Siamo ora nel bel mezzo di una seconda ondata in piena regola, con una delle velocità di trasmissione più elevate al mondo. I decessi sono ancora bassi ma in alcuni luoghi le unità di terapia intensiva ospedaliere sono quasi sovraffollate.

Madrid è stata l’epicentro della seconda ondata. Prima che il Governo centrale intervenisse, quello cittadino di destra ha attuato un lockdown selettivo nei confronti dei quartieri più poveri; come durante il primo, i militari sono stati inviati nelle strade per far sì che venisse rispettato. Ciò costituisce un precedente minaccioso per misure applicate in modo selettivo rivolte alla popolazione in base alla classe.

Alla fine di ottobre, il Governo centrale ha dichiarato lo stato di emergenza estendibile fino a maggio 2021, con coprifuoco notturno, rigide limitazioni agli assembramenti, chiusure di bar e ristoranti e, in alcune regioni, il divieto di viaggiare tra i comuni, nei weekend o durante la settimana. Allo stesso tempo, le misure di assistenza sociale sono state deboli. I datori di lavoro possono usare la pandemia come scusa per licenziare i lavoratori mentre il Governo paga il conto per i sussidi di disoccupazione ma quest’ultimo non ha fornito le risorse per gestire l’impennata di tali richieste – così, molte delle persone licenziate hanno aspettato mesi senza vedere un centesimo. Intanto, i datori di lavoro hanno utilizzato questo programma per lasciare a casa le persone che si sono battute per l’organizzazione del lavoro.

La destra si è mobilitata per incolpare i lavoratori agricoli migranti di essere i responsabili per le epidemie del virus e, in alcuni casi, alcuni campi di lavoratori agricoli sono stati dati alle fiamme. Gli sfratti dalle abitazioni sono continuati incessantemente, arrivando a centinaia ogni mese in alcune delle principali città.

Lo stato di emergenza e gli sfratti sono stati la miccia che, alla fine di ottobre, ha fatto esplodere alcuni piccoli disordini a Barcellona, Madrid, Burgos e in altre città, dove alcuni grandi magazzini sono stati saccheggiati. Membri dell’estrema destra erano presenti durante alcune di queste proteste e potrebbero averne organizzate alcune, portando al dibattito imperituro sull’opportunità di scendere in piazza ogni volta che abbiamo motivo di farlo e fare del nostro meglio per cacciare l’estrema destra, o lasciare le strade agli estremisti di destra perché sono arrivati prima. Nel complesso, regna ancora la pace sociale ma rabbia repressa e disperazione sono ancora appena sotto la superficie.

5 novembre, Lubiana.


Italia: uno sguardo dal Sud

“No, non siamo diventati “agambeniani” in una notte, 1 crediamo ancora, anzi ancora di più di fronte a quanto è successo che questa non sia una semplice influenza, che il primo compito che ci spetta è quello di prenderci cura di noi stessi e degli altri perché il contagio non si diffonda… È il momento di tornare ad affermare che la salute è un fatto sociale complessivo e che la ribellione è il sintomo che qualcosa deve cambiare.

-Infoaut, pubblicato in inglese su Enough 14 .

Secondo [Noi Non Abbiamo Patria] ( https://noinonabbiamopatria.blog/2020/10/27/naples-october-23rd-the-time-of-the-class-struggle-in-white-gloves-is-about-to-end/), le dimostrazioni hanno fatto seguito a precedenti azioni anti-restrizioni in un piccolo comune nella parte settentrionale della città. Da allora, il Paese ha istituito gradualmente coprifuoco e chiusure nazionali poco sensati; questi sono più estesi rispetto al coprifuoco della primavera scorsa.

Il 23 ottobre, le persone in piazza erano a dir poco eterogenee. Come in altre recenti esplosioni di energia anti-neoliberista, come i “Gilet Gialli” in Francia, 2 ciò ha permesso ai media istituzionali e al Governo di diffamare chi scendeva in piazza. È significativo che nei Paesi in cui l’euro-comunismo è crollato ed è stato sconfitto – o, piuttosto, ha capitolato di fronte al potere statalista e alla gerarchia - un gran numero di soggetti politici e lavoratori non necessariamente legati ad alcuna ideologia di partito sono incasellati dalle élite e dai media.

Dopo quest’intensa notte di rivolte e scontri con la Polizia, ulteriori disordini si sono diffusi in molte città italiane. Nella maggior parte dei casi, come a [Firenze] ( https://www.infoaut.org/precariato-sociale/firenze-un-grido-senza-parole), i manifestanti erano ancora una volta eterogenei. In tutto il Paese, i fascisti stanno cercando di cogliere questo momento per aumentare la loro visibilità. A Roma e Catania, due storici campi di battaglia fascisti, questi hanno occupato violentemente le piazze ma sono stati costretti ad andarsene da parecchi antifascisti, tra cui membri della sinistra radicale (soprattutto del partito Potere al Popolo), anarchici, comunisti e membri della comunità delle piazze, come i proprietari di negozi e bar. Queste piazze, solitamente centrali, sono diventate i principali luoghi del conflitto in questo momento di rivolta contro il Governo. Mentre i fascisti si gettano nella mischia per promuovere “vandalismo” o per rendersi più visibili, la stragrande maggioranza dei manifestanti nelle strade quella notte, e a partire da allora, stanno protestando contro austerity, neoliberismo e violenza di Stato.

Data la natura complicata degli eventi e dei successi sperimentati dai fascisti grazie alla preponderanza all’interno della copertura mediatica, cerchiamo di lanciare un comunicato sulla situazione per rendere consapevoli le persone in altre parti del mondo su ciò che potrebbe accadere altrove mentre la pandemia di COVID-19 peggiora e continua l’austerity dello “stato di eccezione” del marchio pandemico. In molti casi, questo sarà un terreno fertile affinché la destra capitalizzi i sistemi liberali fatiscenti. Come abbiamo visto [in passato in Italia] (https://it.crimethinc.com/2018/05/10/italia-noi-partigiani-resistere-allondata-del-fascismo-primavera-2018#fnref:1) , violenza politica e sorveglianza, austerity e “colonizzazione” intraeuropea creano un terreno favorevole perché i fascisti guadagnino terreno e sostenitori, come illustrato dall’ascesa di Casa Pound e Forza Nuova. 2

Due sono le cose che ci proponiamo di fare con questo. In primo luogo, vogliamo dimostrare che le condizioni storiche e materiali dell’austerity dilagante e dell’attività rivoluzionaria violentemente repressa sono i catalizzatori dei disordini scoppiati in questo momento. In secondo luogo, sosteniamo che non dobbiamo permettere ai fascisti di continuare a guadagnare legittimità istituzionale e sostegno popolare mentre si sforzano di utilizzare a loro vantaggio le proteste per le restrizioni. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, vogliamo precisare che la maggior parte dei manifestanti scesi in piazza sono i cosiddetti “qualunquisti” (proletari “indecisi” o meglio non ancora radicalizzati). Questo è il risultato di uno svuotamento storico del significato di termini come “comunista” e “socialista,” dopo decenni di riconciliazioni tra la sinistra istituzionale e le strutture di potere dominanti. Ciò segue anche quasi due decenni di rapida “proletarizzazione” di molti lavoratori, intensificatosi a partire dalla crisi economica del 2008, soprattutto nell’Italia meridionale, dove un vasto controllo comune 3 del lavoro in eccedenza fermenta dietro una facciata turistica.

Il COVID-19 in Italia

Dopo mesi estenuanti durante i quali, la scorsa primavera, le bare hanno riempito le strade di varie città del Nord, l’estate italiana è stata meno evidentemente violenta – da un punto di vista epidemiologico, se non economico. Le chiusure sono state revocate quasi del tutto; locali e ristoranti erano aperti. Il numero di contagi era basso ma c’era poco turismo straniero, una realtà devastante per alcune città trasformate in parchi a tema all’aperto dalle amministrazioni neoliberiste negli ultimi decenni.

Durante i mesi estivi, non è stata creata alcuna infrastruttura sociale per proteggere la gente dal virus e dalle sue devastanti conseguenze sociali ed economiche. Il follow-up dei contatti è stato scarso e inefficiente; il sistema sanitario non ha ricevuto il sostegno economico e logistico promesso dai politici. Le scuole non erano sufficientemente preparate per riaprire ma sono rimaste parzialmente aperte per le lezioni in presenza.

L’amministrazione regionale e quella nazionale hanno investito risorse solo per mantenere l’economia legata al turismo: alle persone è stato offerto il bonus vacanze. Ma quando è arrivato settembre, nessuno era pronto ad affrontare i rischi di una seconda ondata di COVID-19 prevista. A metà ottobre, il numero di casi era nuovamente aumentato. La crisi sanitaria ha travolto il sistema e le autorità hanno annunciato la chiusura delle attività economiche. In meno di due settimane, agli italiani è stato ordinato di rinchiudersi di nuovo. Lo spazio domestico è stato trasformato in struttura di cura/ospedale con i familiari tenuti a prendersi cura dei parenti malati, senza avere a disposizione linee guida sanitarie o protezione. Lo spazio sociale è diventato uno spazio di contagio. Solo il lavoro era autorizzato.

Ora la gente deve scegliere tra lavorare-consumare-e-morire-silenziosamente a casa o morire-di-repressione-e-fame-COVID-19 fuori casa. Il tasso di povertà è alle stelle. Tra i gruppi sociali più vulnerabili colpiti dalla crisi economica innescata dalla pandemia troviamo lavoratori privi di documenti, disabili, migranti, madri single (poiché la popolazione maschile incarcerata è aumentata vertiginosamente negli ultimi dieci anni) e famiglie che hanno perso il loro reddito. Queste persone sono quelle che ora si uniscono alle proteste in tutta Italia chiedendo la ridistribuzione della ricchezza.

Oggi, mentre stiamo redigendo questo comunicato, l’Italia sta registrando numeri di contagio più alti rispetto alla primavera. Il 5 novembre, vi sono stati 445 nuovi decessi, il punto più alto dal 23 aprile, mentre la gente sta preparandosi a una nuova ondata di proteste nonostante i restrizioni regionali e il coprifuoco nazionale.

La risposta dei media istituzionali e dell’establishment politico

In seguito alle manifestazioni, i media istituzionali e l’establishment politico si sono rapidamente mossi per delegittimare agli occhi del pubblico coloro che sono scesi in piazza, etichettandoli come fascisti, criminali o addirittura, nel caso di Napoli, camorristi. Ciò ricorda come i politici e i media liberali hanno diffuso dei miti nei cosiddetti Stati Uniti sugli “agitatori esterni” durante la ribellione seguita all’omicidio di George Floyd da parte della Polizia, utilizzandolo per aumentare la violenza contro i manifestanti. Ciò sta ora continuando nel periodo post-elettorale, poiché gli opinionisti diffondono sciocchezze e la Polizia in diverse città [organizza rivolte e arresti di massa] ( https://itsgoingdown.org/outrage-grows-in-wake-of-brutal-government-crackdown-of-anti-racist-activists-in-manhattan/), mentre la stampa diffonde la paura per gli “Antifa.” Tutto questo è calcolato per seminare divisioni e sfiducia.

Anziché ridurre i manifestanti in Italia ad affiliazioni di partito o ideologiche, [un’intervista della Dinamo Press ( https://www.dinamopress.it/news/napoli-le-premesse-un-disastro-perfetto/)descrive la loro preoccupazione centrale a Napoli il 23 ottobre come segue:

“Molti ieri in piazza davanti alle telecamere hanno accusato di questa situazione sia il Governo sia De Luca. Più che dire «il virus non esiste» molti dicevano “che cazzo avete fatto questa estate”… Molta gente i soldi non li ha mai visti. Napoli poi ha una memoria epidemiologica: la scorsa primavera anche i ragazzini sono scomparsi dalle strade. Ma oggi la gente è estenuata, la pandemia a Napoli impatta un contesto fragile, sia in termini economici che sanitari. Di più, si sapeva che ci sarebbe stata una seconda ondata, ma non hanno preparato il sistema sanitario, non hanno preso misure sociali e oggi sembra coglierci di sorpresa.

Mentre i funzionari locali e nazionali continuano a impegnarsi in dibattiti sulla salute sociale rispetto a quella economica, inquadrando le due in opposizione l’una all’altra, parlando della necessità di “sacrificio” in nome dei lavoratori che non hanno più nulla da dare, è ovvio che la sicurezza sanitaria ed economica devono essere affrontate ancora insieme. Per citare ancora una volta chi scrive su Infoaut:

Sappiamo bene che siamo noi, quelli che stanno in basso a pagare di più in questa crisi provocata dall’economia globalizzata, dalle privatizzazioni, dalla devastazione ambientale, dalla trasformazione della salute in una merce. Ma prendersi cura di noi stessi e degli altri vuol dire non ignorare con un gesto egoistico chi in questa crisi ha perso il lavoro, chi è con l’acqua alla gola, chi rischia di perdere la casa e i propri affetti. Vuol dire lottare al loro fianco, perché finché la gestione dell’emergenza sarà in mano unicamente alla politica, finché gli unici a fare la voce grossa saranno gli industriali allora saremo noi a contare tra le nostre fila morti e ammalati che sia di Covid o di fame.

Occupazioni fasciste delle piazze e resistenza antifascista

Nella settimana del 26 ottobre, a Roma, in tre casi distinti, i fascisti si sono riuniti in due diverse piazze, Piazza del Popolo e Campo de’ Fiori. Erano poco numerosi ma estremamente violenti. La Polizia si è opposta, arrestandone alcuni. A Catania (Sicilia), e ancor più visibili a Firenze, i fascisti hanno cercato di infiltrarsi nella piazza ma è difficile dire quanti fossero. A Napoli, non c’è dubbio: i fascisti non erano la forza dominante, né una presenza visibile. Non è possibile sottostimare quanto sia centrale la piazza per la vita civica (e quindi politica) italiana. Ogni piazza in ogni quartiere funge da tampone tra vita privata e pubblica; in città come Napoli, rappresenta ancora un modo per minare in una qualche misura entrambe le distinzioni. Come aveva già notato Walter Benjamin [molto tempo fa] ( http://www.columbia.edu/itc/architecture/ockman/pdfs/session_8/benjamin.pdf), a Napoli, “come il soggiorno riappare nelle strade, con sedie, cuore e altare, così, solo molto più rumorosamente, la strada migra nel soggiorno.” Nelle ultime settimane, quando le restrizioni hanno colpito le piccole imprese, che nella maggior parte delle città meridionali impiegano prevalentemente lavoratori privi di documenti o lavoratori in nero, sono entrati in gioco due elementi chiave della piazza: la loro composizione (tra cui lavoratori, abitanti e chi trascorre del tempo lì) e le loro storie specifiche. Lavoratori privi di documenti, lavoratori “flessibili,” impiegati, baristi, piccoli commercianti al dettaglio, proprietari di piccole imprese, migranti, sindacati, militanti di sinistra e di destra sono scesi in strada per lottare per misure di protezione sociale.

A Napoli, le manifestazioni hanno continuato a coinvolgere diversi partecipanti: giovani precari (alcuni in marcia con striscioni di Extinction Rebellion), lavoratori privi di documenti, organizzatori di Potere al Popolo, donne (che hanno marciato contro la discriminazione di genere sul posto di lavoro), famiglie, migranti e commercianti. La pressione sull’amministrazione locale è alta.

Sabato 31 ottobre, in piazza Roma, è sceso un movimento composto da diverse forze di sinistra: militanti autonomi, migranti, immigrati curdi, giovani. La presenza della Polizia era molto elevata ma i manifestanti hanno fatto sì che la violenza non aumentasse - in quel che sembra un tentativo di compensare ciò che molti si aspettano, ovvero un’ulteriore delegittimazione da parte dei media. Nonostante la provocazione soffocante della Polizia militarizzata e della propaganda mediatica, l’azione romana ha mostrato la capacità di rimanere fluida: usare l’energia insurrezionale in un momento e moderare in un altro. Non scriviamo per denunciare la “protesta pacifica,” né per chiederla ma piuttosto per insistere sul fatto che la tattica da utilizzare deve essere sempre contestualizzata e deve essere decisa al momento dai manifestanti coinvolti.

Nel bene e nel male, la copertura mediatica della manifestazione del 31 ottobre la mattina successiva è stata minima.

Le battaglie a venire

Ulteriori proteste, raduni e azioni sono programmate per le prossime settimane mentre le restrizioni si diffondono in tutta la penisola. È difficile prevedere cosa accadrà ma una cosa è chiara: data la velocità degli eventi, ciò che accadrà non sarà determinato (solo) da istituzioni politiche organizzate, né su linee ideologiche rigorose. Continuerà a essere qualcosa di eterogeneo e autonomo, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ciò comporta.

La necessità di contenere la diffusione del virus - che, come tutte le crisi capitaliste, continuerà a colpire e brutalizzare in modo sproporzionato un sottocomune già vulnerabile - deve essere riconciliata e contemporaneamente impegnata con la lotta di classe. Chi detiene il potere continuerà a demonizzare quelli che scendono in piazza, negando loro un’adeguata assistenza sanitaria o forme di sussistenza. Questa situazione a Napoli - come in Italia e nel resto del mondo - è complicata e dinamica. Le lotte continueranno e s’intensificheranno con l’avvicinarsi dell’inverno; sarà vitale continuare a pensare a queste manifestazioni dal punto di vista della lotta anticapitalista, anche se non tutti i partecipanti sono esplicitamente anticapitalisti o antistatalisti. Questo è il motivo per cui abbiamo scritto questa breve nota, per fornire un contesto in grado di abbattere il mito che le persone per strada siano semplici ‘negazionisti’ (termine usato in Italia per definire chi non crede al COVID-19). Sono coloro che lottano per la propria vita e per il proprio sostentamento

Napoli.


Italia: uno sguardo dal Nord

Napoli, 23 ottobre. Un grido, una rivolta, una svolta: una notte di scontri che violano il coprifuoco, proclamando che l’accettazione incondizionata delle restrizioni anti-COVID è giunta al termine. Nelle ultime settimane, ciò è riecheggiato in tutte le altre grandi città italiane - a volte sembra si tratti di un singolo episodio, altre sembra si tratti di un segno di ciò che verrà.

Le principali misure anti-COVID messe in atto dallo Stato durante la primavera scorsa sono state coercitive: lockdown, limiti di movimento, accuse, multe, più potere alla Polizia nel trattenere le persone e via di seguito. Il popolo ha accettato tutto questo come uno sforzo collettivo a beneficio di tutti, per quanto difficile fosse. L’unica eccezione è stata una settimana di violente rivolte che a marzo hanno scosso le carceri di tutto il Paese, durante le quali 14 detenuti sono morti in circostanze poco chiare. Dopo il primo vero e proprio tentativo di espropriazione in Sicilia, infatti, il Governo ha stanziato dei bonus a sostegno dei lavoratori e delle attività chiuse per lockdown, e la gente non vedeva l’ora che finisse tutto. Ma quest’approccio di emergenza non poteva che essere palliativo. Nessun intervento strutturale è stato fatto per affrontare la pandemia; ogni bonus è stato finanziato tramite debito. Sia il Fondo per la ripresa dell’Unione europea sia l’elevato deficit di spesa sono soluzioni temporanee che saranno insopportabili a lungo termine all’interno del sistema capitalista. L’obiettivo, come altrove, è chiaramente salvare l’¬organismo socio-economico¬ anziché salvare ¬vite umane. Un paradigma di sacrificio.

Mentre l’Italia è duramente colpita dalla seconda ondata di COVID-19, sta diventando chiaro che non sarà possibile salvare vite ed economia. Una crisi imponente sta bussando alla porta: l’unica cosa possibile per il Governo è ritardarne gli effetti con un misto di misure di sostegno d’emergenza e falsi lockdown “soft,” poiché non ha una vera soluzione. Il risultato è una strategia politica di ¬soffiare per scacciare una tempesta: ingenua o disperata.

Ciò spiega perché le persone hanno perso fiducia nelle misure statali, costrette a scegliere tra salvare la propria salute o provvedere ai propri bisogni materiali essenziali. Sta diventando chiaro che, a queste condizioni, non è possibile salvaguardare entrambi.

Iniziati a Napoli da piccoli commercianti, gli scoppi spontanei di rabbia contro il coprifuoco hanno assunto forme diverse in ogni città, con notevoli somiglianze nel Nord del Paese. A Milano e Torino il 26 ottobre e a Firenze il 30, ci sono state richieste ambigue per revocare il coprifuoco, una forte presenza non ideologica per le strade e manifestazioni miste. A Torino, alcuni giovani hanno saccheggiato un paio di negozi di lusso; la vetrina rotta di Gucci è diventata un simbolo. A Milano, la maggior parte degli arrestati erano minorenni. A Firenze, un muro recava la scritta in maiuscolo “Dateci un futuro!” In tutte queste città, i disordini hanno causato ore di scontri con la Polizia che, d’istinto, diventa l’obiettivo principale.

Si è parlato molto dei giovani delle periferia, 4 attori chiave senza precedenti in quelle notti di rabbia. Questi gruppi di ragazzi sono stati gli oppositori più energici e sfrontati della Polizia, ma c’erano molti compagni, gruppi di ultras e probabilmente anche fascisti, sebbene non avessero un ruolo attivo come gruppo e fossero implicitamente emarginati dalla genuina composizione multietnica delle nuove generazioni nelle piazze. Quando la destra si riuniva, queste bande giovanili non faceva altro che evitarla, isolandola. Qui al Nord, i negozianti e le parti interessate dei settori economici colpiti dal coprifuoco non sono stati così influenti.

Nelle città settentrionali, sembra esserci stato un assaggio della crisi che verrà ma questi focolai sono rimasti episodi senza conseguenze. Ciò potrebbe essere dovuto alla diffusa de-ideologizzazione delle persone, o alla disorganizzazione e alla mancanza di relazioni profonde e continue tra movimenti sociali e periferie, o alla massiccia repressione preventiva della Polizia sui successivi appelli a manifestare.

Eppure, questi appelli continuano a proliferare, non sappiamo da dove provengano e non possiamo prevedere come andranno a finire. È istruttivo che i classici appelli militanti a radunarsi per le strade non riscuotano al momento così tanto successo; a volte, sono semplicemente autoreferenziali e autosufficienti.

Qualcuno crede che il contesto attuale offra ai fascisti l’opportunità di guadagnare slancio, concentrandosi su questa minaccia del rischio di eccesso. Osservando la situazione da una prospettiva differente, considerandola dal punto di vista delle possibilità, potremmo anche sostenere che lo scenario attuale offre un terreno fertile: le persone reagiscono ai dibattiti economici, valutano di più le relazioni umane dopo mesi di astinenza, mostrano un vivo interesse nell’utilizzare lo spazio pubblico come arena politica. I movimenti sociali dovrebbero uscire dalle loro comfort zone per affrontare le strane sfide di questi tempi, offrendo competenze anziché soluzioni fisse.

La famosa vetrina di Gucci rotta a Torino.


Slovenia

Il 12 marzo 2020, il Governo sloveno ha ufficialmente riconosciuto la pandemia, stabilendo la base giuridica per la prima fase di lockdown. Il giorno dopo, il nuovo Governo di estrema destra ha prestato giuramento. Una delle sue prime azioni è stata l’introduzione di misure autoritarie volte al controllo della popolazione, mascherate da sforzi per controllare il COVID-19. Tra queste, dobbiamo ricordare le restrizioni alla circolazione tra comuni, il divieto di manifestare, il divieto di aggregazione se non nel caso di parenti prossimi e maggiori poteri per la Polizia.

Il movimento anarchico e antiautoritario ha risposto rapidamente. Le azioni dei gruppi di affinità sono esplose in tutta la capitale, Lubiana. Questo slancio è culminato il 24 aprile, quando si sono svolte le prime manifestazioni. A quel tempo, la maggior parte dell’emisfero settentrionale era completamente bloccato; Lubiana è stato uno dei primi luoghi in cui sono svolte massicce dimostrazioni durante il periodo del COVID-19. Sono seguiti sei mesi turbolenti di proteste e azioni settimanali: la più lunga mobilitazione antiautoritaria continuativa nella storia slovena.

Dal 24 aprile, ogni settimana si sono svolte proteste e diverse azioni che affrontavano svariati temi, tra cui le lotte ambientali, il lavoro culturale precario e il movimento Pro-choice. Inizialmente, queste dimostrazioni si sono manifestate sotto forma di giri in bicicletta di massa; man mano che la Polizia si preparava a risponder loro, hanno assunto altre forme. Come in molte altre parti del mondo, dopo una dura repressione, la lotta contro la Polizia è diventata per un po’ il tema centrale delle proteste.

Gli anarchici avevano preso l’iniziativa per plasmare la narrativa attorno a tali contestazioni, ponendole all’interno delle coordinate di anti-capitalismo, antifascismo, anti-statalismo, mutuo soccorso e solidarietà - lasciando poco spazio perché i teorici della cospirazione e i provocatori di estrema destra guidassero le azioni nelle strade. Allo stesso tempo, l’ [ondata primaverile di proteste] ( https://enoughisenough14.org/2020/07/12/a-infoshop-growing-unrest-against-right-wing-government-with-authoritarian-neoliberal-and-nationalist-intentions-in-slovenia/#more-77974)ha anche fermato con successo la spinta autoritaria iniziale del nuovo Governo, respingendo la claustrofobia sociale da questo creata. Uno dei risultati più preziosi delle proteste è stato di rifiutare l’individualismo e l’isolamento imposti dalla quarantena. Grazie a queste lotte, sono tornate a essere possibili nuove forme di collettività.

Dopo un periodo relativamente facile durante i mesi estivi, a settembre e ottobre la situazione epidemiologica ha ripreso a peggiorare. Dopo decenni di privatizzazione neoliberista, il sistema sanitario pubblico non era preparato all’arrivo della nuova ondata di COVID-19. Il 20 ottobre, il Governo sloveno ha dichiarato il coprifuoco generale tra le 21:00 e le 6:00. Questo è stato il primo coprifuoco della Polizia da quando i fascisti hanno ne hanno annunciato uno nei territori occupati della Slovenia (allora Jugoslavia) durante la Seconda guerra mondiale.

La Slovenia non fa eccezione: il coprifuoco è stato introdotto in quasi tutti i territori dell’Unione Europea. Non sorprende che siano stati introdotti soprattutto in luoghi in cui le misure statali autoritarie provocano tradizionalmente una feroce resistenza: Francia, Spagna, Italia e Belgio. Mentre i Paesi europei stanno vivendo la seconda ondata di epidemia insieme a deterioramento, privatizzazione e collasso del sistema sanitario pubblico, stanno anche affrontando i primi segni evidenti di crisi economica e sociale. Le persone stanno iniziando a perdere il lavoro, la casa e la dignità su vasta scala. In risposta, i Governi stanno sempre più implementando misure per esercitare il controllo totale sulla popolazione - come se stessero già anticipando le rivolte che devono ancora nascere. Il coprifuoco in Slovenia è stato accompagnato da parecchie altre misure restrittive. Tra queste, ricordiamo il divieto di spostarsi da un comune, una regione o un Paese a un altro, un tentativo conferire all’Esercito una maggiore autorità, restrizioni alle riunioni pubbliche e pesanti multe per qualsiasi tipo di attività di protesta e l’introduzione del monitoraggio telefonico dei contagiati. Non solo lo Stato esercita il proprio controllo sulle persone ma ci incoraggia anche, come in qualsiasi altro regime totalitario, a sorvegliare i nostri amici e vicini mentre stigmatizza chi non è sano. Molte di queste misure non hanno nulla a che fare con la lotta al virus; hanno lo scopo di combattere il virus della resistenza e di far andare avanti l’economia.

Dal momento in cui è stato introdotto il coprifuoco, le città sono tornate in vita di notte con qualunque cosa, dai bidoni della spazzatura in fiamme e graffiti ai fuochi d’artificio, slogan e piccoli raduni e proteste. La lotta che stiamo vivendo da più di sei mesi ha preso un’altra svolta con la nuova serie di misure autoritarie.

I disordini a Lubiana del 5 novembre.

Il 5 novembre a Lubiana sono scoppiati alcuni disordini. All’inizio, il gruppo online Anonymous aveva chiesto una sorta di dimostrazione per questa data; i media di destra si sono impauriti, facendo sì che ogni organizzazione formale prendesse le distanze dall’evento ma creando un’apparente curiosità tra gli agitati e gli scontenti. Le persone riunitesi erano differenti ma la maggior parte di loro erano persone che, probabilmente, non erano state coinvolte dalle proteste precedenti. Questa volta, operai e giovani arrabbiati sono usciti allo scoperto e l’atmosfera generale della notte era di odio contro la Polizia. Il combattimento è durato diverse ore. Dato che le rivolte non si verificano spesso in Slovenia - prima di questo, l’ultima volta che la Polizia aveva utilizzato i cannoni ad acqua era stato nel 2012, durante una rivolta che aveva costretto il Governo a dimettersi - solo gli anarchici hanno alzato la voce per parlare di tali insurrezioni come genuina espressione della rabbia popolare. Altri gruppi che hanno sostenuto le precedenti proteste stanno ora prendendo le distanze dalla violenza nelle strade. Le rivolte hanno avuto luogo in una situazione in cui la mobilitazione era praticamente giunta al termine. Sembra che, anziché cercare di riportarla in vita nella speranza di creare una sorta di percorso lineare per i disordini sociali, abbia più senso capire come collegare la rabbia sincera che abbiamo visto nelle rivolte con le lotte delle altre persone che abbiamo visto svolgersi nelle piazze nel corso degli ultimi mesi, per creare un terreno di lotta comune.

[Qui] potete leggere un’analisi anarchica delle rivolte di Lubiana ( https://enoughisenough14.org/2020/11/08/infoshop-ljubljana-how-people-can-understand-what-happened-in-ljubljana-on-november-05/ )

5 novembre, Lubiana.


Grecia: novembre in lockdown

Una dichiarazione di Radio Fragmata.

Al momento, l’intero territorio greco è in lockdown. Ciò include la non libertà di movimento. Ci sono solo sei motivi legittimi per uscire di casa. Si deve inviare un messaggio allo Stato per ricevere il permesso di uscire e mostrare l’SMS di conferma nel caso si venga fermati dalla Polizia. Tuttavia, le scuole rimangono aperte, contraddicendo la presunta giustificazione del lockdown. Durante il primo lockdown di marzo e aprile, i casi erano in media tra i 150 a 200 al giorno; ora oscillano tra il 2.000 e il 2.500 al giorno, con i letti in terapia intensiva che si riempiono rapidamente. La colpa dei tassi di contagio può essere attribuita a quell’élite imprenditoriale che ha chiesto che ad agosto le frontiere fossero riaperte per il turismo, nonostante il fatto che questo, ovviamente, non avrebbe attratto molti turisti durante una pandemia globale. C’è stato un calo del 90% del turismo ma i pochi villeggianti facoltosi che si sono presentati hanno diffuso il virus ancora di più su tutta la Grecia continentale e sulle isole.

Il regime di Nuova Democrazia ha continuato a tagliare i bilanci ospedalieri e il personale medico, reindirizzando i fondi a progetti di rinnovamento urbano decorativo, Polizia e personale carcerario e un aumento del budget militare alla luce delle tensioni con la Turchia. Mentre usano fontane e piante in vaso per abbellire quei quartieri dove dilagano senzatetto e droghe, il trasporto pubblico non è stato adattato per consentire il distanziamento sociale; metropolitane e autobus rimangono pieni di persone che potrebbero diffondere il virus. Ciò colpisce soprattutto chi non può permettersi di recarsi al lavoro in auto. Sebbene le priorità del Governo siano ovvie, questo insiste sul fatto che la responsabilità della pandemia ricade sugli individui che si trasmettono il virus l’un l’altro - che siamo gli unici responsabili per gli allarmanti tassi di contagio.

Molti prigionieri hanno intrapreso scioperi della fame e persino della sete chiedendo migliori condizioni igieniche e una maggior protezione dal COVID-19. Sebbene i fondi siano andati alle carceri, quasi tutto è stato destinato all’espansione del personale e al miglioramento della loro posizione retributiva.

I senzatetto continuano a essere vittime di multe, arresti e sfollamenti. Lo Stato sta utilizzando il virus per vietare assembramenti di ogni tipo; di recente, la Polizia ha attaccato alcune persone all’interno di un centro sociale a Patrasso per aver raccolto cibo da distribuire a chi lotta durante questo periodo. L’attuale lockdown durerà fino al 17 novembre - anniversario della resistenza verso la Giunta militare - e probabilmente si prolungherà oltre il 6 dicembre, considerato un giorno di resistenza [dal 2008, anno in cui fu compiuto l’omicidio di Alexandros Grigoropoulos] ( https://crimethinc.com/2018/12/17/ill-always-remember-the-6th-of-december-a-report-from-athens-greece-on-the-ten-year-anniversary-of-the-murder-of-alexis). Il Governo sostiene che la sua priorità sia di aprire prima di Natale, cosicché le persone possano fare acquisti liberamente, l’unica libertà che approva.

Come in molti luoghi nel mondo, gli scienziati stanno proponendo dei lockdown senza considerare la situazione di chi vive precariamente sotto il capitalismo. Con tutto chiuso, i lavoratori licenziati stanno lottando per la sopravvivenza. E quelli che sono ritenuti essenziali - come addetti alle consegne, insegnanti e dipendenti di negozi di alimentari – lavorano senza aumento di stipendio, costretti ad acquistare i propri dispositivi di protezione pur desiderando di lavorare in un settore ritenuto “non essenziale” in modo da poter ricevere un piccolo stipendio senza rischiare la salute per una miseria.

Stiamo aspettando che la società esploda. Stiamo aspettando che le persone ne abbiano abbastanza. Riconosciamo i pericoli del COVID-19 ma ci rifiutiamo di accettare le politiche opportunistiche di “legge e ordine” dello Stato attuale che non mirano realmente ad affrontare il virus. È difficile non dire che qui c’è una sensazione di depressione. Le giornate sono più corte, il clima più freddo e il futuro è cupo. Ma se qualcosa deve nascere da questo virus e da questo lockdown, è il fatto che le persone inizieranno a vedere la mortalità di questo sistema e si renderanno conto che lo Stato non può proteggerci ma che ci sta conducendo verso la nostra fine. **

5 novembre, Lubiana.

Lo Stato non può proteggerti, ma può farti uccidere.

  1. Il filosofo italiano Giorgio Agamben ha creato polemiche adottando quello che molti hanno percepito come un atteggiamento sprezzante nei confronti del virus. Leggete, per esempio, “ L’invenzione di un’epidemia.” ## Ai nostri compagni, un’introduzione parziale Il 23 ottobre 2020, [a Napoli sono scoppiate delle manifestazioni] ( https://roarmag.org/essays/italy-anti-lockdown-protests/) in risposta alle chiusure economiche previste e ai blocchi parziali predisposti, nonché del coprifuoco, alla luce dell’aumento dei casi di COVID-19. 

  2. Leggete “Italia: noi partigiani — Resistere all’ondata del fasismo, Primavera 2018 .” 

  3. Per saperne di più sul concetto di sottocomuni, iniziate con il [libro] ( https://www.minorcompositions.info/wp-content/uploads/2013/04/undercommons-web.pdf) di Stefano Harney e Fred Moten. 

  4. Il rapporto centro-periferia in Europa è l’opposto a quanto era comune fino a poco tempo negli Stati Uniti: i centri storici delle città sono costosi e popolati da ricchi, mentre le periferie sono vecchie aree di pendolari, prevalentemente povere e prive di servizi e infrastrutture.